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Apprendo, dunque sono”. Ho proprio voglia di cimentarmi nella dimostrazione della veridicità di questa affermazione, che trovo non sia affatto un’inferenza scontata. Ecco perché ritengo che ci sia bisogno di fare qualche considerazione in merito.

 

Come m’è venuta in mente? Tweettavo allegramente, quando mi è stato chiesto cosa stessi combinando in questo periodo. Ho risposto che sto approfondendo alcune conoscenze, che trovo decisamente interessanti, ed ho espresso tutto questo utilizzando la sola parola “apprendo” . Chi mi ha letta, l’ha trovata espressione del mio entusiasmo. Sono entusiasta, è assolutamente vero, quindi ho pensato di enfatizzarla, sulla falsa riga della decisamente più nota formula cartesiana “cogito ergo sum”. A questo punto, mi è stato suggerito di scrivere qualcosa in proposito: l’ho considerata bella idea, principalmente per il fatto che mi porta a riprendere in mano i temi, su cui ho tanto studiato, di cui ho trattato nulla mia tesi di laurea in antropologia filosofica. Sostanzialmente basata sulla teoria della complessità di Edgar Morin, la stesura di suddetta tesi mi ha portata ad avere necessariamente familiarità con alcuni concetti, ampiamente utilizzati dalla teoria dei sistemi, dalla teoria dell’informazione, dalla cibernetica, dall’ecologia e, ho scoperto con piacere, anche dalle teorie della comunicazione dei media. Mi sto riferendo alla nozione di sistema e alla nozione di feedback. Su quest’ultima rivolgerò la mia attenzione.

 

Per i non addetti ai lavori, un feedback può essere una reazione ad uno stimolo. Su qualsiasi testo in cui viene spiegato cos’è il feedback, viene fatto l’esempio della regolazione della temperatura interna di un organismo oppure del termostato. Pensa, piuttosto, di stare tranquillamente per fatti tuoi, seduto a leggere il giornale su una panchina al parco. Ad un certo punto, ti si avvicina una persona, ti strappa il giornale di mano e ti affibbia un bel ceffone. Cosa fai? Chiami le autorità per denunciarlo oppure ti avvicini al teppista, gli assesti un bel manrovescio e ti fai anche ripagare il giornale maltrattato. Comunque tu reagisca, hai dato un feedback al tuo aggressore. Siete entrati in connessione, avete costituito un sistema aperto (rispetto alla natura che vi circonda, rispetto alle persone presenti) e vi siete scambiati dei feedback. Tu stesso sei un sistema, in quanto organismo e in quanto soggetto dotato di una mente, e hai avuto una tua reazione ad uno stimolo esterno (l’aggressione). In questo caso, lo stimolo è stato piuttosto violento, ma di certo non è stato l’unico che hai ricevuto: hai sentito, nel parco, il fruscio delle foglie sugli alberi, le voci dei bambini che giocavano, ma non sei riuscito ad afferrare un dato importantissimo, perché non ti sei accorto che un tipo sospetto ti si stava avvicinando. Adesso però l’aggressione l’hai subita e hai appreso una serie di informazioni: bisogna guardarsi bene intorno, anche nei luoghi pubblici; è bene non frequentare il parco in certe ore del giorno; è meglio non andare in zone più isolate del parco. In altre parole, hai acquisito una conoscenza della realtà, che ti tornerà utile nel futuro e, a tal proposito, elabori una strategia per evitare che accadano nuovamente spiacevoli eventi.

 

Milioni sono gli stimoli che un organismo riceva dell’esterno e altrettante sono le reazioni a questi. L’essere umano ha elaborato innumerevoli strategie per non soccombere, quando gli stimoli della natura erano particolarmente aggressivi. L’insieme di queste strategie, nel tempo, è diventato sempre più complesso e sofisticato (culture), ma nella sostanza la questione resta sempre la stessa: senza conoscenza della realtà e senza l’elaborazione di strategie adeguate, non è possibile sopravvivere. Questo vale per ogni individuo e per ogni società: vale per ogni essere vivente. Lo sai che anche il virus che causa la rosolia negli umani ha dovuto rimboccarsi le maniche ed evolversi, per sopravvivere ai nostri vaccini? La necessità di apprendere dati esterni, elaborarli correttamente, approntare strategie adeguate appartiene ad ogni essere vivente e per tale motivo è necessità vitale. Questo significa che un essere vivente se non lo fa o smette di farlo (peggio ancora, se si rifiuta di farlo) muore; un essere che è, per sua natura, non lo fa non è un essere vivente. “Apprendo, dunque sono”: vera e sempre attuale. Sarebbe interessante sapere cosa direbbero gli studiosi di filosofia: prima il cogito o prima l’apprendimento? Per me, senza ombra di dubbio, prima l’apprendimento ( mi spiace per i cartesiani, ma preferisco Darwin e Morin): anche una cellula procariote a suo modo apprende e senza aver bisogno di pensare come noi umani.

 

Tutta questa riflessione proviene da una risposta ad una domanda che si fa di frequente: che stai facendo?

La formula vale sempre, soprattutto quando tutti ti dicono che hai una laurea che non serve a niente, che lavoro non c’è e che te ne devi andare. E allora, qual è il giusto feedback? Facile: quello stesso del virus della rosolia. Pensieri banali sono quelli di chi crede di aver concluso tutto, con la laurea magistrale, con un master o dicendo: “Non ho studiato per fare questo”.

Mi piacerebbe lasciare il finale aperto, evitando di concludere con qualche giudizio dall’aspetto di sentenza, alquanto presuntuosa. Preferisco dare, invece, un ulteriore spunto di riflessione.

La realtà umana è estremamente complessa e l’essere umano stesso è un sistema aperto decisamente particolare, alla pari di quei sistemi fisico-chimici che, quando gli stimoli esterni superano la soglia limite, si spingono verso altre soluzioni e nuove configurazioni.

Chiaro dove voglio arrivare, o no?