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InizioBlade Runner film proprio sparandola grossa: Blade runner non mi piaciuto. Con questa affermazione inizio la serie di post dedicati ai film che piacciono a tutti tranne a me e, come a volte accade, questa iniziativa mi è stata ispirata da un altro blogger, Lapinsù, che ha scritto un post elencando appunto tutti i film che, solitamente, piacciono a tutti ma a lui no.

 

Il genere distopico piace quasi tutti e poco a me

Sarà che ho un rapporto molto difficile con romanzi e film distopici, ma ho trovato l’atmosfera di Blade runner così cupa da trasmettermi un senso di angoscia. Ho percepito costantemente una negatività nell’aria e, cosa peggiore, ho avuto l’impressione che sia venuta meno la profondità della riflessione di Philip Dick, lo scrittore americano e autore del romanzo, da cui la pellicola è tratta, Do Androids Dream Of Electric Sheep?

Philip Dick

Prima di tutto, già il titolo italiano del romanzo e quello originale del film sono assolutamente fuorvianti: Il cacciatore di androidi e Blade runner. Con questi titoli affibbiati a Do Androids Dream of Electric Sheep?, hanno deliberatamente rigirato la frittata.

Da We Can Built You a Do Androids Dream Of Electric Sheep?

Di Philip Dick ho letto solo solo We Can Build You, tradotto in italiano – in modo non troppo azzeccato secondo me – con L’androide Lincoln. Dalla lettura di questo romanzo, che vorrebbe introdurre la serie di romanzi successivi in cui gli androidi sono delle realtà pienamente compiute, e dalla lettura della nota scritta proprio da Dick, si comprende che il centro della riflessione dello scrittore è l’essere umano, la sua condizione nell’era in cui lo sviluppo tecnologico ha permesso la nascita di “esseri” non umani ma fin troppo simili all’umano stesso.

Rachel Blade runner

L’androide Lincoln, il primo antenato del “replicante”, è così umano da riuscire a guardare in maniera più lucida e razionale quello che, attorno a lui, accade agli umani.

Il ribaltamento della frittata

Il punto non è tanto capire se la macchina ha sentimenti o emozioni, perché questo viene in un momento successivo. In primo luogo bisogna capire cos’è l’essere umano e cosa diventa nel momento in cui si deve relazionare a macchine che gli somigliano. In We Can Build You, l’America è già un luogo del mondo in cui è un test a stabilire se sei sano di mente oppure meno, in cui le relazioni tra individui sono difficili – Dick stesso, nella sua nota, parla del complicato rapporto che ebbe con una donna, che ha ispirato il personaggio femminile di We Can Build You – e queste caratteristiche sono amplificate in Blade runner (il film). Il passo successivo, infatti, è la diffusione del test che stabilisce se sei umano oppure meno e, come il titolo originale suggerisce (del libro), domandarsi se in fondo anche le macchine non abbiano desideri, sentimenti.

Blade runner punta molto sull’azione, ha creato un’atmosfera ricca di tensione e, anche con un finale aperto – Ridley Scott avrebbe affermato che nella sua versione Deckard è un replicante – mi sembra che tocchi troppo di striscio le tematiche fondamentali, scaturite dal lavoro di Dick. Pur non avendo ancora letto Do Androids Dream Of Electric Sheep?, sono sicura che Dick ha toccato con maggior profondità queste tematiche; per me Blade runner resta solo maledettamente cupo, attraente per la trama in sé e non per il potenziale riflessivo che ha – e di cui deve ringraziare solo Philip Dick.

Ciao!!!