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Caro lettore, oggi arriva la recensione di La sposa, di Mauro Covacich. Uno dei cinque finalisti allo Strega 2015, il libro, ammetto, mi ha colpito soprattutto dalla copertina: adoro quelle scarpe! Lo so che questo non è certamente un motivo sufficiente per leggere un libro, anzi, è una ragione piuttosto frivola. Ad ogni modo, mi sono informata ugualmente del suo contenuto.

 

Una raccolta di racconti non è, il linea di massima, la mia lettura preferita. Mi trovo spesso in difficoltà a parlare di questi libri e, quasi certamente, è un mio limite: non riesco facilmente a trovare un filo conduttore e, inevitabilmente, la mia attenzione si concentra su dei racconti in particolare, così quando mi decido a parlare di un libro così mi sembra sempre o di non averlo compreso o di averlo in qualche maniera sminuito.

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La sposa non mi ha fatto questo effetto perché un filo c’è: un filo d’Arianna che ti conduce per le vie di un labirinto fitto e tante volte oscuro, che è l’animo umano.

La particolarità, dunque, di La sposa è proprio quella di ricamare non un solo filo, ma tanti fili, e tessere una sorta di tela: alla fine puoi scorgere una sorta di trama, che non è da intendere come la classica trama di un romanzo, ma come quadro, rappresentazione. Il lessico ti aiuta, con ripetizioni studiate di singole parole ed espressioni, a trovare man mano un filo da aggiungere agli altri.

Questo libro di Mauro Covacich m’è piaciuto e m’è piaciuto soprattutto quando ha suscitato in me le reazioni più forti: sgomento, schifo, sbigottimento e repulsione.Non che questo particolare intreccio di storie, in cui ognuna apre un cerchio e ne chiude un altro, sia solo questo ma, per gusto personale, sono colpita maggiormente dai racconti estremi.

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La sposa è senza dubbio il risultato di un’analisi delle viscere della società, tuttavia non mi piace mai mettere le cose sul piano delle “tematiche sociali”- sarò individualista, non saprei – e preferisco appunto definirlo come discesa agli Inferi dell’animo umano. Così, sul tavolo chirurgico della carta bianca, troviamo in bella mostra tutte quelle cose di cui tutti siamo consapevoli e che non ammettiamo.

Questo è ciò che ho apprezzato tanto: averti piazzato sotto al naso quanto hai sempre saputo, pensato, immaginato di fare e che mai hai ammesso a te stesso. L’autore Mauro Covacich lo fa con onestà, cinismo, tenerezza e brutalità. Siccome tale saper esprimere tutto quello che si è sempre saputo e non si è mai detto – né ammesso esplicitamente col pensiero -, trovo sia segno della bravura di uno scrittore, spero di poter leggere quanto prima un altro libro di Mauro Covacich e, intanto, ti consiglio di approcciare La sposa. Alla prossima,

Bruna Athena