E questi post imbarazzanti quali sarebbero, esattamente? Dovrebbe stabilirlo un non so che, sviluppato da non so bene chi, stando a quanto si legge in questo articolo, sul quale ho puntato l’occhio ieri sera.
Ho, personalmente, un’idea ben precisa di post imbarazzante e anche tu che leggi, immagino. Per qualcuno è imbarazzante pubblicare foto in costume da bagno, per altri lo sono le foto in cui si fa una smorfia o la famigerata immagine in cui si vede chiaramente che tracanni vodka: questa è tremenda, potrebbero vederla i tuoi genitori, che inizierebbero a credere che sei un alcolizzato, e potrebbe vederla il tuo datore di lavoro, che seguirebbe i tuoi genitori nella loro credenza.
Affascinante tecnologia, intelligenza artificiale e sistemi adattivi– ridotto all’osso: che si adattano all’ambiente in cui si trovano, ergo si evolvono-, questo frutto delle sezioni speciali del colosso Facebook sembra venuto fuori da un film di fantascienza, è una figa pazzesca!
Un’immensa cavolata e per due motivi. Tolto il fatto che non possiamo definire, a priori e in modo universale, cosa sia esattamente un post imbarazzante, c’è prima di tutto da considerare che se io utente desidero pubblicare qualcosa su Facebook lo faccio godendo di una certa libertà: si presuppone che se voglia lamentarmi pubblicamente perché la metro non passa, lo faccio consapevole del fatto che il mio sarà un lamento volontario, pubblico e magari di nessun interesse per chi lo legge. In altre parole, se voglio mettermi col sedere di fuori saranno affari miei, o no?
Considerazione numero due: ma Facebook non aveva avuto tanto successo perché ha smosso nelle genti, esplicitandolo e amplificandone gli effetti, un meccanismo emozionale umano davvero molto basilare– basilare non tanto perché banale, ma proprio perché sta alla base dell’essere umano- come quello di approvare e non approvare qualcosa, riducendo tutto questo all’elementare “mi piace”? Ecco, ora perché mai Facebook dovrebbe stabilire- il social network ti impedisce già di pubblicare alcuni contenuti “sensibili”- cosa è imbarazzante e cosa non lo è? Non dovrebbe; affida alla macchina qualcosa di puramente soggettivo e personale, limitando qualcosa di essenziale: la libertà. Libertà di cui si dispone a propria discrezione, naturalmente, ma pare che l’affare sia più complicato del previsto, se un algoritmo deve dirmi se posso o non posso far vedere un contenuto a qualcuno. Altro che film di fantascienza, questo è un romanzo distopico uscito malaccio.
Ah sì, la privacy. Avanti, non è un problema di privacy: quelli si risolvono molto più facilmente di quanto immagini. Ho più privacy su Facebook rispetto a quando mi infilo le scarpe in camera mia, dove può vedermi un bel po’ di gente. Potrebbe diventare un problema di censura, che è ben diverso: ma non voglio scrivere la brutta copia di 1984– tra l’altro, non l’ho ancora letto. Gli esperti di social network che ne pensano?
Buon proseguimento di navigazione,
Bruna “Athena”