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Santorini, Grecia: qual è l’accoglienza dei greci? Sì, ti ho parlato di Santorini in tutte le salse: ti ho detto che è bella, che le albe e i tramonti sono incantevoli, che è un’isola per chi ama l’avventura e possiede uno spirito libero. Ti ho detto che Santorini è costosa ma non è banalmente una meta di lusso.
Con l’ultima parte di questo viaggio virtuale voglio farti apprezzare le persone. Non i turisti – devo dire la verità, tra i nordici ho visto cattivi esempi, ma non voglio pensare a questo – , voglio farti apprezzare i greci. Mi bastano poche righe, perché così come il fantastico tramonto di Oia devi vederlo con i tuoi occhi, allo stesso modo devi essere tu in persona a vivere l’atmosfera greca.
I greci sono quelli che hanno sviluppato e diffuso il pensiero filosofico in Europa; i greci sono quelli della tragedia; i greci sono quelli dei grandi poemi epici. I greci, ora, sono quelli che vivono in una nazione che è più disperata della nostra. Per cui, come ti accolgono le persone quando approdi in Grecia?
L’accoglienza in Grecia consiste in grossi sorrisi e affettuose strette di mano, in 3 parole d’inglese, 2 in italiano e 10 in greco. L’accoglienza in Grecia è quella di ristoratori un po’ ruffiani ma in fondo divertenti. L’accoglienza greca è l’uva dolce che ti regalano, perché è buona.
I greci sono quelli che ti fanno lo sconto perché provieni da una delle città che più hanno apprezzato in Italia: Napoli. Mentre da Roma in sopra mi chiamano terrona, la ragazza cortese di un carinissimo negozietto di souvenir mi ha raccontato che ama il Sud, che la sua attrice preferita è di Napoli, la mia città che visitato ed apprezzato. La ragazza greca mi ha fatto una gentilezza perché sono di Napoli, in una serata in cui da sola passeggiavo per Perissa, mentre il moroso era a letto ammalato, nel giorno del nostro anniversario – il decimo – e con il mio mp3 ascoltavo la musica, lasciando vagare i pensieri e non solo le gambe.
L’accoglienza greca è quella di un popolo che, nonostante tutto, resta gioioso e legato alla propria cultura. Tra i ricordi più belli del mio soggiorno a Santorini c’è l’ultima sera, quella che volevo non finisse mai. Canti popolari, persone che danzano nei ristoranti e per la strada. Non turisti e non vacanzieri, ma uomini e donne trasportati da una musica ora vivace, ora malinconica, rapiti da una danza senza fine. Mi sono stupita, molto. Noi abbiamo la musica folkloristica, abbiamo la tarantella, ma non abbiamo l’abitudine di imparare a cantare e ballare fin da piccoli. I greci manifestano il loro legame alle tradizioni con entusiasmo, coinvolgendo se stessi e chi assiste.
Io non ballo, non sono brava. Li invidiavo per come riuscivano a seguire il ritmo sempre più incalzante della musica senza neppure un inciampo, a piedi nudi o con alte zeppe. Non potevo staccare gli occhi dalle loro gambe; anche nella mia sempiterna compostezza, non potevo non sentire l’euforia, un’ebbrezza non alcolica. Che sia questo lo spirito dionisiaco, da cui nasce la tragedia, l’antico rito con le maschere caprine? Chissà! Intanto, meglio rimandare Nietzsche ad un altro post.
Come potevo, di nuovo in volo verso l’Italia, guardare dall’altro la Grecia, il suo territorio aspro e roccioso, che ha fatto e cambiato la storia, e non pensare “Mi mancherai!”? A presto!
Ps: oggi è venerdì sera; il venerdì sera, nei ristoranti di Santorini, ci sono il canto e la danza popolari…
Ho soggiornato presso Studios Irineos. Un sistemazione semplice, ma pulita e comoda, a pochi passi da Perissa Beach.